
Al professore Giuseppe Scaramuzzo veniva conferito l’incarico di presidente del Museo Civico Risorgimentale “Giovan Battista Falcone”, con decreto del Sindaco il 4 settembre 2018 per “le sue indiscusse competenze relative alla finalità del Museo”.
Laureato in Filosofia presso l’Università “Federico II” di Napoli; vincitore di concorso a cattedra, ha insegnato Storia e Filosofia ininterrottamente dal 1969 al 2010; prima, nel Liceo Classico e, poi, nel Liceo Scientifico di Acri (CS). Sostenitore della didattica attiva e partecipata, dando particolare risalto al protagonismo delle classi subalterne nell’ambito della storia locale tra Ottocento e Novecento, ha realizzato una serie di progetti, che hanno dato luogo a Convegni e Seminari di notevole interesse per le istituzioni culturali e la comunità locale. Tra questi:
• “Scienze Umane e Cinema” e relativi incontri con i registi Salvatores, Amelio, Monicelli, Verdone, i fratelli Taviani, Moretti.
• “Le guerre del Novecento”.
• “Partigiani e combattenti di Acri nel Novecento”, con studi e ricerche di testimonianze e documenti, nell’ambito delle celebrazioni per il 60° Anniversario della Resistenza e poi della Costituente e della Costituzione Italiana.
• “La Sila Greca: una Sila dimenticata”, con realizzazione di un DVD acquisito dal sito della Regione Calabria.
Ha pubblicato:
• Partigiani e combattenti di Acri nella Seconda guerra mondiale, Graphisud Acri, luglio 2005.
Raccolta di testimonianze orali
• Storia di Gente Comune. I soldati acresi nelle guerre del Novecento. Grafosud Rossano, novembre 2010.
Il volume ricostruisce le vicende dei soldati acresi a partire da coloro che hanno prestato soccorso nei luoghi devastati dal terremoto di Reggio Calabria del 1908, a quelli che hanno partecipato alla guerra italo-turca del 1911-12, alla Prima guerra mondiale, alla conquista dell’Etiopia
1935-1936, alla guerra di Spagna 1936-1938, alla Seconda guerra mondiale fino alla Guerra di Liberazione e alla Resistenza.
La storia dei combattenti acresi è, però, anche la storia dei tanti soldati calabresi, per lo più pastori e contadini, che spinti dalla disoccupazione e dalla miseria, furono costretti ad arruolarsi volontari e andare a combattere in Etiopia o Spagna, o che, per effetto della chiamata di Leva, furono strappati alle loro povere famiglie e mandati sui vari fronti, dove molti moriranno o saranno gravemente feriti o fatti prigionieri.
Ma la loro storia è anche la testimonianza di quanto importante e grande sia stato il contributo di Acri e della Calabria alla nascita della Repubblica, attraverso i tanti che hanno partecipato alla Guerra di Liberazione e alla Resistenza.
• Nascita di un Comune democratico. Acri 1861.1952. Storia, cronaca memoria. Grafosud Rossano, ottobre 2013.
Il lavoro frutto di lunghe e attente ricerche, ricostruisce, attraverso molti documenti inediti, per l’intero periodo secolare considerato:
• l’attività amministrativa del Comune di Acri, dal periodo liberale, a partire dal 1861, fino a quello podestarile, durante il regime fascista, per proseguire, con quella dei commissari prefettizi, nella transizione alla democrazia repubblicana, e, dal 1946 al 1952, col dispiegarsi del primo esempio di espressione del voto popolare progressista.
• La scomparsa dell’immenso patrimonio demaniale comunale.
• La nascita e la eliminazione del brigantaggio post-unitario.
• Il contributo dato dagli acresi alle lotte risorgimentali per l’unità d’Italia e a tutte le guerre del ‘900.
• L’evoluzione sociale dei contadini, che, da servi della gleba, diventavano cittadini con- sapevoli dei loro diritti e disposti a lottare per difenderli, per merito dei primi socialisti e poi dei comunisti.
• Le proteste e le lotte politiche e sociali, con il ruolo svolto da leaders come Pietro Mancini, Fausto Gullo, Carlo De Cardona, Luigi Nicoletti, ma anche da tanti meno noti uomini e donne.
• La vita materiale e la storia culturale e religiosa della comunità acrese.
• Gli emigrati acresi nelle Americhe e la Grande Guerra. L’eco dello Jonio, Dicembre 2018.
Il volume ricostruisce la storia dell’emigrazione acrese nelle Americhe tra la fine dell’Ottocento e gli inizi del Novecento ed, in particolare, quella dei circa 1.300 giovani chiamati alle armi per mobilitazione generale nella Grande guerra.
La prima parte ricostruisce lo stato di drammatica miseria in cui versava la maggioranza della popolazione acrese, che spingerà braccianti, contadini e artigiani ad intraprendere, a partire dal 1876, la via dell’emigrazione, denunciata nei giornali del tempo e descritta in molti canti popolari. La seconda parte è dedicata alla diversità di comportamento degli emigrati nei confronti della chiamata alle armi. La maggior parte di loro- circa un migliaio- che aveva trovato lavoro e formato una famiglia, scelse di non ritornare e di non rispondere alla chiamata. Dichiarati disertori, vennero poi amnistiati col R.D. del 2 settembre 1919. Soltanto 271 acresi scelsero, invece, di rientrare e di presentarsi al Distretto militare di Cosenza, dal quale vennero subito inviati al fronte. Tra questi, molti furono i morti e i dispersi, i feriti e i prigionieri.
Altri preferirono arruolarsi come volontari nell’esercito americano “associato” e furono mandati a combattere in Francia, dove due di loro morirono.
Al termine del conflitto, la crisi postbellica, con l’aggravarsi della disoccupazione, riaprirà la via dell’emigrazione, ampliando ancora di più i problemi della questione meridionale.
Con uguale impegno, ha ricoperto anche le cariche di amministratore locale come Consigliere e Assessore comunale e, poi, come Consigliere provinciale.
Attualmente sta svolgendo ulteriori studi e ricerche sulla storia di Acri.
Ho accettato l’incarico, che non prevede nessun compenso, pensando di fare qualcosa di utile per il paese a cui sono molto legato, e soprattutto per le giovani generazioni, convinto come ho riportato nel pannello d’ingresso che “Senza Memoria non c’è Futuro”
Il lavoro è stato lungo e faticoso, soprattutto per gli intoppi burocratici e problemi di varia natura, che sono stati superati non senza difficoltà, e si è proceduto all’allestimento della sede, in un’ala del Palazzo “Sanseverino – Falcone”. I testi dei pannelli son miei, mentre per l’allestimento mi sono avvalso della collaborazione gratuita dell’architetto Salvatore Ferraro e delle maestranze del Comune fra tutti Vincenzo Guglielmello.
Il Museo è stato allestito con la finalità di illustrare alle nuove generazioni, il contributo degli acresi al Risorgimento italiano, ma anche il tributo di combattenti, di morti, feriti e prigionieri, dato in tutte le guerre, che, insanguinarono il Novecento; di recuperare e diffondere sempre più il locale patrimonio storico come “bene comune”, perché una Comunità senza memoria storica è come un albero senza radici e senza linfa, come tale, destinata a scomparire, restando priva di senso di identità e di appartenenza. Dovere precipuo delle istituzioni politiche e culturali è quello di promuovere la conoscenza della propria storia, se hanno a cuore la crescita democratica della propria comunità, perché senza memoria del passato non ci può essere consapevolezza del presente e non ci può essere progetto per il futuro.
La conoscenza storica fornisce, infatti, quella coscienza critica, che impedisce di trasformare gli esseri pensanti in “canne al vento”, e, come gli ignavi danteschi, di schierarsi di volta in volta dove sventola la bandiera di turno, e di seguire “l’istinto del gregge”.
I popoli senza memoria, o, per ignoranza assoggettati al negazionismo e a fallaci revisionismi, sono portati a prediligere e sostenere dittature, autoritarismi e sovranismi, i popoli civili e virtuosi nutrono con la memoria la difesa della libertà e della democrazia.